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Mostra Fotografica "Zanskar - Trekking nel cuore dell'Himalaya"

Foto di Guido Fino
Nato a Torino, ha trascorso la sua vita professionale presso l’Università della città lavorando con le missioni archeologiche del “Centro Scavi di Torino per il Vicino Oriente”, dalla Giordania all’Iraq all’Afghanistan, come responsabile della documentazione topografica, architettonica e fotogrammetrica. Fotografo “free lance”, collabora da anni con studi di architettura, musei e istituzioni culturali in Italia e all’estero, per mostre, cataloghi e pubblicazioni scientifiche. Le sue fotografie sono pubblicate in riviste di architettura e nelle edizioni di musei. Nei numerosi viaggi in Alaska e British Columbia, in Africa (Tanzania, Congo) e sopratutto in Asia (India, Bhutan, Cina, Vietnam, Birmania, Indonesia) concentra la fotografia sui molteplici aspetti della bellezza che la sua sensibilità ricerca nei paesaggi naturali e umani.

Testi di Elisabetta Valtz – Archeologa
Nata a Torino, per venti anni ha diretto scavi in vari siti dell’Iraq con la Missione Archeologica del Centro Scavi di Torino, all’interno anche di progetti dell’UNESCO per il salvataggio dei siti lungo la Valle dell’Eufrate e del Diyala. È stata fra i curatori della Mostra “La Terra trai due Fiumi” – che ha portato a Torino, Firenze e Roma nel 1985–1987 più di 500 capolavori del Museo di Baghdad – e dell’unica tappa italiana della mostra “Afghanistan. I tesori ritrovati”, a Torino nel 2007. Da alcuni anni è anche curatrice all’Ancient Near Eastern Art Deparment del Metropolitan Museum of Art di New York, dove partecipa all’allestimento di mostre internazionali, ad altri progetti sulle collezioni perma-nenti e a relazioni scientifiche. Ha tenuto conferenze in Italia e all’estero, ed è autrice di numerose pubblicazioni di archeologia.

Le fotografie sono la documentazione di un emozionante e pionieristico trekking effettuato nel 1977 nella valle dello Zanskar, la più remota e isolata dell‘Himalaya indiano, aperta agli stranieri soltanto due anni prima.

Nella serata di inaugurazione gli autori presenteranno il libro, diario del loro viaggio, con la proiezioni di immagini.

ZANSKAR
Racchiuso nel cuore dell’Himalaya indiano, 12000 abitanti, una cinquantina di villaggi a un’altitudine media di 3600 metri e una manciata di monasteri, circondato da ghiacciai e vette che superano i 6000. Questo è lo Zanskar, antico regno buddista, patria di una delle popolazioni ancora oggi più isolate del pianeta, e questa era la meta del nostro viaggio himalayano nel 1977. Aperto soltanto un anno prima agli stranieri, lo Zanskar, non collegato da strade alla valle di Leh, offriva possibilità illimitate di scoperte, incontri ed emozioni in uno dei più impressionanti scenari himalayani e in una delle ultime enclave di cultura tibetana, rimasta incontaminata sin dall’età medievale. Lasciata Srinagar, la capitale del Kashmir con il suo lago verde–oro ricoperto di ninfee e fiori di loto, avremmo percorso sentieri su vertiginosi strapiombi, attraversato fiumi su fragili passerelle sospese, guadato torrenti in piena e sostato nei villaggi incontrando gli Zanskar–pa, sempre ospitali e sorridenti; avremmo scalato passi a 5000 metri con viste mozzafiatosulle catene himalayane, accompagnati da un silenzioso monaco in pellegrinaggio verso Leh, piantato le tende nei pascoli di yak, condiviso il pane attorno al fuoco del campo con Rampa, l’anziano che dal suo villaggio si era unito a noi come esperta guida su sentieri antichi, noti solo ai locali; avremmo bevuto il tè tibetano con i monaci nei monasteri abbarbicati sui pendii delle vallate, e dopo quindici giorni e 380 chilometri di estenuante ma esaltante cammino fra ghiacciai, valli, fiumi e immensi cieli stellati, avremmo visto l’Indo scorrere nella valle di Leh, nostra meta finale. Le fotografie scattate lungo il percorso sono anzitutto una spontanea e immediata eco dell’immenso insieme di emozioni generate dal viaggio, dagli incontri umani e dal sublime naturale del paesaggio. Vogliono anche essere un ricordo di quanto condiviso lungo il cammino con i compagni di viaggio, ma soprattutto un affettuoso omaggio alle indimenticabili e meravigliose genti dello Zanskar. A trent’anni di distanza, in un mondo che i media rappresentano come facile ed accessibile a tutti, anche nei suoi aspetti più esotici, questa testimonianza di scoperte, sfide e stupori quotidiani davanti ad una realtà non addomesticata, quasi incredibile per la sua antica e intatta purezza, si rivolge a tutti coloro che amano il più autentico significato del viaggiare. 


Zanskar

Estate 1977, più di trent'anni fa. Il Ladakh è aperto al turismo da solo tre anni. Lo Zanskar si raggiunge ancora a piedi perché la strada sterrata verrà terminata solo nel 1980. È la possibilità di scoprire un mondo tibetano intatto ed arrivano incredibili personaggi: Henrich Harrer per cercare il suo Tibet degli anni 40, Peissel rivive la scoperta del Mustang negli anni 50, Oliver Follmi inizia qui la sua carrirea di fotografo. Le suggestive immagini di Guido Fino accompagnate dai testi di Elisabetta Valtz sono il diario dell'incredibile viaggio realizzato nel 1977 in una zona allora inesplorata e quasi inaccessibile.

Per uscire dalla valle, Guido ed Elisabetta affrontano, nella stagione meno adatta, il periglioso cammino del Djulam, un sentiero fra rocce e gole incassate dove non vi sono villaggi ma liberi vagano ibex e linci.
Ho ammirato il loro libro e la mostra collegata, le immagini mi han riportato al mio viaggio in Zanskar quasi contenporaneo al loro. In settembre partirò per il cuore segreto dello Zanskar, l'oasi di Shade, e poi camminerò fra gli aerei sentieri del Djulam, nello zaino il libro di Fino e Valtz, alla ricerca del tempo perduto.


Biografia

Elisabetta Valtz, archeologa
Nata a Torino, laureata con specializzazione sul Vicino Oriente antico, per venti anni ha diretto scavi in vari siti dell’Iraq con la Missione Archeologica del “Centro Scavi di Torino”, anche all’interno di progetti dell’UNESCO, ed è stata Direttore Archeologo al Museo Egizio di Torino occupandosi, oltre che di Egitto Tolemaico e Romano, di relazioni internazionali con musei, istituzioni, studiosi e media stranieri.
È stata fra i curatori della mostra “La Terra tra i due Fiumi” che ha portato a Torino, Firenze e Roma nel 1985-1987 più di 500 capolavori del Museo di Baghdad, e della mostra “Afghanistan, tesori ritrovati” organizzata nel 2007 a Torino.
Da alcuni anni collabora con il Metropolitan Museum of Art di New York, dove partecipa all’allestimento di mostre internazionali e ad altri progetti espositivi. Ha tenuto conferenze in Italia e all’estero ed è autrice di numerose pubblicazioni. Condivide la passione per il viaggio con il marito Guido Fino.

Guido Fino, fotografo
Nato a Torino, ha trascorso venti anni della sua vita professionale all’Istituto di Archeologia ell’Università, lavorando con le missioni del “Centro Scavi di Torino per il Vicino Oriente e l’Asia” come responsabile
della documentazione topografica, fotografica e fotogrammetrica, in progetti di restauro architettonico e di prospezione archeologica anche patrocinati dall’UNESCO in Iraq, Giordania, Afghanistan.
Appassionato viaggiatore sin dagli anni 70, nei numerosi viaggi in Asia (India, Bhutan, Cina, Vietnam, Birmania, Thailandia, Indonesia), negli spazi del “grande nord” (Alaska, British Columbia, isole Orcadi) e dell’Africa equatoriale (Tanzania, Congo), si concentra sulla fotografia di quei paesaggi naturali e umani che sono consoni alla sua sensibilità e percezione del mondo come realtà da esplorare per le sue bellezze e diversità. Come fotografo “free lance” collabora con musei e istituzioni culturali, in Italia e all’estero, per mostre, cataloghi e pubblicazioni scientifiche, collezioni naturalistiche, archeologiche e d’arte. Le sue fotografie sono pubblicate in riviste di architettura e di musei.


Guido Fino ed Elisabetta Valtz, ZANSKAR,VIAGGIO NEL CUORE DELL’HIMALAYA

Nel 1977 il fotografo Guido Fino e sua moglie  Elisabetta Valtz, archeologa, e ora curatrice della sezione mediorientale del Metropolitan Museum di New York, partirono alla scoperta dell’antico regno buddista dello Zanskar, che solo da un anno aveva aperto le frontiere agli stranieri.

Patria di una delle  popolazioni più isolate del pianeta, nel cuore dell’Himalaya indiano, lo Zanskar comprende una cinquantina di villaggi, ad un’altitudine media di 3600 metri, sparsi in tre valli circondate da ghiacciai e vette che superano i 6000 metri. 

 Il volume ora uscito ci permette di condividere con gli autori l’esperienza di un viaggio per molti aspetti veramente “straordinario”, come quelli dei personaggi di Jules Verne. Si parte da Srinagar sul lago Dal: le fotografie  di Fino fissano in  immagini di grande suggestione  le logge traforate sui canali fitti di fiori di loto e steli di ninfee. Poi, man mano che si sale verso le valli dello Zanskar, il paesaggio si fa più severo: pietraie ripidissime, lunghi ponti di corde, caverne di ghiaccio, monasteri-fortezza imponenti e ospitali. Accampati, alla fine del loro tragitto, in quella che fu la residenza del re dello Zanskar, tra anditi e stanzoni bui di terra battuta, i due viaggiatori divengono oggetto di curiosità per le ragazze del luogo, dai superbi copricapi di astrakan e turchesi, d’argento e di corallo, che considerano il loro abbigliamento oltremodo esotico e bizzarro.

Uno degli elementi di fascino di questo volume inconsueto sta nella complementarietà delle immagini e dei testi: alle sobrie fotografie in bianco e nero si affianca un diario di viaggio smagliante di colori indimenticabili, dal bianco delle nubi “splendenti di una luce interna fortissima” al rosso ocra di rocce e monasteri , dall’azzurro-viola delle lunghe ombre al verde quasi fluorescente dei pascoli asssolati.